Le Frottole di Isnello

Che cosa sono le Frottole?

Le frottole rappresentano un’autentica e rara espressione di devozione popolare contrassegnata da una caratterizzazione artistica di singolare fascino.

Tendenzialmente e storicamente il termine è stato usato, appunto, per identificare i soli inni eseguiti, ma, in realtà, si tratta di un contesto più ampio che descrive i tradizionali rituali paraliturgici vissuti dal popolo isnellese nel pomeriggio di otto ricorrenze annuali.

In Sicilia, e forse nel mondo, non esistono eventi simili, nulla a che vedere con le pratiche folkloristico-religiose ampiamente conosciute e celebrate in svariati centri dell’isola, ad ogni modo simili nel comune senso dell’espressione di fede ma differenti per l’incomparabile manifestazione del locale culto popolare.

Il termine stesso ci immedesima in questo senso di movimento della gente, a frotta lungo l’abituale percorso processionale in una miriade di suoni, colori e stupori. Un tripudio di gente aspetta l’inizio del corteo ed il loro parlottìo d’attesa all’improvviso viene smorzato dalle note della banda sovrastate dal continuo suono delle campane a festa. Quindi l’incedere gioioso di palii e paliceddi che precedono a musica e a varicedda del santo con il popolo al seguito. Ad un tratto, in uno dei punti convenzionali, tutto si ferma per un istante e lì l’emozione della musica della banda e del canto del popolo si alza verso il cielo in lode ed onore del santo di turno. Poi si riparte verso l’altra fermata per ripetere ancora una volta l’inno, e così via per un’altra ancora fino al suo rientro in chiesa. Si è conclusa la frottola.

Ogni anno, per ogni festa, Isnello vive il fascino di questa tradizione, una pratica devozionale a carattere popolare che ripercorre le umili origini del suo popolo ed esprime il significato particolare dei loro valori legati alla fede, alla loro storia, alla loro cultura.

In questa sezione troverete alcuni estratti del volume con cd allegato dal titolo "Le frottole di Isnello - la fede di un popolo che, dal XIX secolo, una generazione tramanda all'altra" realizzato dalla nostra associazione per il progetto Salvaguardia del Patrimonio Musicale Tradizionale promosso e finanziato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo per l'anno 2017 (clicca qui per il link).

Le frottole

Vi mostreremo in breve una prima carrellata di informazioni di carattere storico e storiografico recuperate da documenti, manoscritti e da ogni fonte consultata nella fase di ricerca, che ci hanno permesso di ricostruire quasi totalmente la storia di questa tradizione. Ribadiamo ancora una volta che per ogni informazione riportata ci si è preoccupati di riportarne il riferimento esatto (documentale o altro) per validarne l'effettiva attendibilità, fornendo, per l'appunto, anche nel caso complementare, le opportune notizie invece non confermate o comunque smentite che possono fugare i dubbi di quanto non si è riuscito a verificare con le ricerche.

Seguirà un'apposita pagina per ognuno degli 8 inni in cui saranno riportate informazioni di carattere generale, la musica, il testo del canto e le notizie sugli autori. Inoltre in due ulteriori pagine proveremo a dirvi qualcosina in più per quello che culturalmente e socialmente rappresentano nella fede e nella storia dl popolo di Isnello

La frottola in “Folklore di Isnello”

La frottola ad Isnello

Inno a San Giuseppe

Inno al S.s. Crocifisso

Inno al S.s. Sacramento

Inno a Maria S.s. del Carmelo

Inno a San Giovanni Bosco

Inno a San Nicolò di Bari

Inno alla Santa Croce

Inno alla Vergine Immacolata

Inno a San Giovanni Bosco

Musica del maestro Pietro Anselmo - Versi del Sac. Giuseppe Peri

Isnello, dicembre 1948

INNO A SAN GIOVANNI BOSCO

Musica del maestro Pietro Anselmo - Versi del Sac. Giuseppe Peri

L’inno a San Giovanni Bosco, cronologicamente parlando, è il più recente degli inni delle frottole della tradizione isnellese. Composto nel dicembre 1948 dal maestro Pietro Anselmo sui versi di Don Giuseppe Peri, diviene soprattutto tra i piccoli occasione gioiosa per accrescere la devozione al santo che, grazie a Padre Peri, coinvolge l’intera comunità subito dopo il secondo dopoguerra.

L’inno è stato scritto in una forma abbastanza semplice sia nella musica che nei testi in quanto nell’intenzione di Don Giuseppe Peri doveva essere cantato nella frottola dai ragazzini, secondo quanto lui stesso usava fare assieme ai cantori ad Isnello durante le varie ricorrenze annuali. Si presenta in due tempi: il primo è un Andante Moderato molto melodico introdotto da un Allegro marziale, mentre la seconda parte è un Allegro vivo in uno che ripete due volte la stessa strofa intervallata da una cadenza.

Presso l’archivio della banda è presente, in copia fotostatica, la partitura-guida del direttore riportante l’intera parte del canto (vedasi un particolare in foto a pag. 33) nella riduzione del maestro Nicola Gerardi. Le parti manoscritte della banda presenti in archivio sono presenti in due versioni: quella in copia del maestro Salvatore Grisanti, risalente agli anni ‘70, mancante di qualche parte ricopiata successivamente dal maestro Maria Rosa Mazzole e da Giovanni Cannici e quella prodotta nell’anno 2006 da Giuseppe Ardizzone ricopiata fedelmente dalla partitura trascritta dal maestro Gerardi.

L’immagine che segue invece è estratta da una raccolta di ballate, marce e canzoni del maestro Pietro Anselmo custodita dal nipote Nino Mogavero. Questa, nella grafia originale del maestro Pietro Anselmo, riporta un particolare di uno spartito-guida dell’Inno a San Giovanni Bosco.

INNO A SAN GIOVANNI BOSCO

per la Frottola

I TEMPO (Allegro Marziale - andante moderato)

Salga festoso al cielo

Del giovanile stuolo

Il cantico d’amore

Eco perenne e supplice

Di rinnovata fè

Don Bosco Padre Santo

A te fidenti e supplici

Ognor ci rivolgiamo

Deh! guarda e benedici

L’incauta gioventù

II TEMPO (Allegro vivo in uno)

Oh tu dei giovani

Padre e Maestro

Accogli i voti

Del nostro cuore

Mettici sotto

Il regal manto

Della gran Vergine

Ausiliatrice

Maestro Pietro Anselmo, autore della musica

Il maestro Pietro Anselmo è nato ad Isnello il 6 luglio 1913.

Assieme ai fratelli, tutti bandisti, Nicolino (bombardino), Pino (clarinetto, in forza alla Banda Centrale dei Carabinieri di Roma), Giovannino (basso) e Totò (genis) è figlio dello storico capobanda e clarinettista della banda di Isnello mastro Nino Anselmo.

Il maestro Anselmo è cresciuto musicalmente con il maestro Mario Di Martino che dapprima lo avviò allo studio del sax contralto nella banda cittadina e successivamente gli impartì nozioni più approfondite di armonia e strumentazione per banda.

Nel dopoguerra diviene maestro direttore della banda di Isnello, ruolo che ricopre approssimativamente tra il 1948 a il 1952. Negli ultimi tempi, per motivi di lavoro è costretto a trasferirsi a Lascari e quindi segue la banda senza soluzione di continuità con il supporto del padre e di mastro Filippo Lapi. Proprio a Lascari costituirà, dal nulla, un nuovo complesso bandistico.

Nel 1963 lascia l’Italia per trasferirsi negli Stati Uniti, a Chicago, ancora per motivi di lavoro. Nonostante la lontananza dall’Italia e dalla sua più grande passione, la musica, non smette di coltivarne l’amore per l’arte musicale. Oltre a dedicarsi al suono del mandolino, fu componente della “Victory Band of Chicago” (oggi la Sicilian Band of Chicago) diretta dal maestro napoletano Antonio Guggino e formata dagli emigrati italiani.

Nel 1980 si trasferisce in California dove si è spento il 17 marzo del 2011 all’età di 97 anni.

È autore di diverse sonate in tempo di mazurka, valzer, tanghi, (conservate ancora oggi in una raccolta manoscritta), di alcune marce sinfoniche (Isnello in festa, San Giovanni Bosco, Ultimi tempi, Nostalgia) e di un canto religioso dal titolo “L’Ave” su versi di Damiano Virga. Nel 1948 ha musicato il testo di Don Giuseppe Peri nell’Inno a San Giovanni Bosco per la frottola. Sac.

Don Giuseppe Peri, autore dei versi

Nacque a Isnello l’1 agosto 1918.

Fu ordinato sacerdote il 12 aprile 1941. Assegnato alla sua natia Isnello, per oltre cinquant’anni, fece dono della sua incessante attività sacerdotale prima come cappellano accanto a Mons. Gioacchino Di Maria, poi con Don Luigi Abbate e ancora con Mons. Carlo Valvo, fino al 1980, quando fu nominato Parroco con la collaborazione di Don Salvatore Peri.

Si è dimesso, per motivi di salute, all’inizio del 1993.

Nei vari interventi, durante le esequie, è risuonato spesso il “grazie” per tutta un’esistenza sacerdotale, donata a tempo pieno alla comunità isnellese: indefessa attività liturgica e sacramentale, assistenza agli infermi, cura dei piccoli, ministranti, giovani, devozioni coltivate con entusiasmo al Sacro Cuore, alla Vergine Santissima, a San Giovanni Bosco, a San Domenico Savio, con celebrazioni festive, processioni allietate da canti, interessamento costante alla vita di tante persone e famiglie con una presenza continuativa in parrocchia. Tutto questo spiega la grande popolarità acquisita da Don Giuseppe e giustifica il ripetuto e commosso “grazie” a lui rivolto.

Si è spento dopo una lunga malattia il 16 maggio 1994.

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Inno al S.s. Crocifisso

Musica del maestro Vito Graffeo - Versi del Sac. Prof. Cristoforo Grisanti

Isnello, 1868

INNO AL S.s. CROCIFISSO

Musica del maestro Vito Graffeo - Versi del Sac. Prof. Cristoforo Grisanti

L’inno per la frottola al Ss. Crocifisso è stato composto nell’anno 1868, data indicata nel volume “Pensieri ed Affetti” di Cristoforo Grisanti, autore dei versi di questo inno. La musica è del maestro Vito Graffeo, come chiaramente riportato in calce.

Relativamente alla musica, sino ad oggi si è erroneamente attribuita una infondata paternità (probabilmente di comodo) al docente di armonia del collegio di Palermo, Carlo Graffeo (1851-1917)^{15, 16}. Infatti, non esiste alcun documento che possa provare l’esistenza di un Carlo Vito Graffeo insegnante di detto istituto e che lo stesso avesse un doppio nome anzichè semplicemente Carlo. D’altronde, non si spiegherebbe come Cristoforo Grisanti, nella sua pubblicazione, non abbia voluto indicare il nome esatto, come invece era sua abitudine fare.

A volte si è anche citato il ruolo che Francesco Bajardi¹⁷ avrebbe avuto nel far conoscere la realtà isnellese al Graffeo e quindi consentirgli di comporre l’Inno al Ss. Crocifisso. Probabilmente i due sono anche entrati in contatto nel corso degli studi accademici del celebre musicista isnellese, forse Graffeo ne è stato l’insegnante di armonia, ma la storia sembrerebbe escludere la possibilità che ci sia un nesso logico con la data di composizione della musica: come infatti risulta, ancora, da “Pensieri ed Affetti”, l’Inno al Ss. Crocifisso è stato composto nel 1868 e Francesco Bajardi è nato soltanto l’anno prima, nel 1867.

Si hanno, invece, fonti più certe dell’esistenza di un maestro di nome Vito Graffeo, direttore della banda Municipale di Mistretta vincitore di concorso nel 1873, ma assunto stabilmente solo nel 1877^18,19. Potrebbe essere lo stesso citato dal Grisanti e che, nel suo girovagare tra i comuni, come era solito per i maestri di banda di allora andare alla ricerca di un incarico municipale, possa esser potuto entrare in contatto, direttamente o meno, con la realtà isnellese.

Le stesse fonti che parlano di Vito Graffeo a Mistretta, parlano anche del maestro Gioacchino Bajardi, originario di Isnello ma per 17 anni, dal 1880 al 1897, direttore della banda municipale di Mistretta.

Questo inno si compone di due tempi: il primo è un Largo in 12/8 con il tema iniziale che risente dell’influenza verdiana nelle primissime battute dove si richiama il tema del preludio de La Traviata; il secondo tempo, invece, è un Allegro, l’unico di tutti gli inni delle frottole a configurarsi in un tempo differente da quello ternario, nella fattispecie si presenta in tempo quaternario.

Passiamo agli spartiti: lo strumentale che è giunto a noi si presenta nella trascrizione del maestro Salvatore Grisanti. Lo stesso, nel 1974, in seguito alla pioggia durante la frottola del Ss. Crocifisso che danneggiò le parti esistenti, provvedette alla scrittura di nuovi spartiti, ancora oggi conservati presso il tesoriere della festa. Molto probabilmente questa è stata l’ultima frottola che ha conservato, fino a pochi anni fa, l’usanza per la quale era il tesoriere della festa, e non la banda, a custodirne la musica.

Di questi inni presso l’archivio della banda è presente, in copia fotostatica dagli originali, tutto lo strumentale completo delle parti riportanti il timbro della festa e l’autografo del maestro Grisanti. Inoltre è presente una ulteriore trascrizione manoscritta del maestro Giuseppe Testa²⁰ realizzata negli anni in cui la banda di Cefalù ha prestato servizio per la festa del Crocifisso.

Non esiste alcuna partitura guida per il maestro, ma le parole dell’inno sono riportate, come ampiamente detto, nel libro “Pensieri ed Affetti” di Cristoforo Grisanti e facilmente associabili alla musica.

Ad Isnello molto probabilmente l’Inno al Ss. Crocifisso è quello più popolare ed identificativo della tradizione anche per la forte devozione del popolo verso questa effige del Cristo morto.

15. Si confronti Teresa Chirico, Giorgio Miceli direttore del Collegio di Musica di Palermo tra il 1887 ed il 1892, pp 111 - 115 - 140.

16. Riferimenti biografici confermati da ricerche presso la Biblioteca del Conservatorio di Musica “Vincenzo Bellini” di Palermo.

17. Francesco Bajardi (Isnello, 23 aprile 1867 – Roma, 17 settembre 1934) è stato un compositore e pianista italiano. Fu accademico di Santa Cecilia come docente di pianoforte.

18. Si consulti L. Vranca - G. Pipitò, La banda ieri, oggi... domani - L’istituzione amastratina, 2012, pp 89-91.

19. Ampia documentazione relativa agli atti di incarico ed alla presenza del maestro Graffeo sono presenti nell’Archivio Comunale di Mistretta e nell’Archivio della Banda Municipale “Città di Mistretta” (ME).

20. Giuseppe Testa (Cefalù, 4 novembre 1967) è dal 1998 il maestro direttore della Storica Banda Musicale "Francesco Bajardi" di Isnello.

L’inconfondibile grafia del maestro Grisanti in una parte dell’Inno al Ss. Crocifisso

L’inno al Ss. Crocifisso in “Pensieri e Affetti” di Cristoforo Grisanti, interno e frontespizio

INNO AL S.s. CROCIFISSO

per la Frottola

I TEMPO (Largo)

Al Signor, che su la Croce

Fu confitto e spirò sangue,

E da morte e da l’atroce

Rea colpa ci francò.

In su l’ali de l’amore

S’alzi l’inno benedetto,

Come al forte al vincitore,

Che l’inferno debellò.

II TEMPO (Allegro)

Gesù dolcissimo,

Ostia d’amore,

Accogli il cantico

Del nostro cuor;

Tu di nostr’anime

In tutte l’ore

Sii gioia e premio,

Tu eterno amor.

Maestro Vito Graffeo, autore della musica

Probabilmente, il “Maestro Sig. Vito Graffeo” a cui il Grisanti si riferisce, è lo stesso direttore della Banda Municipale “Città di Mistretta, ufficialmente dall’anno 1877 ma, come riportano le stesse fonti, in carica dal 1873.

Successivamente, su incarico del Consiglio Comunale, come da delibera del 18.12.1879, ricopre, l’incarico di vicemaestro della stessa alla cui guida gli succede il figlio.

Nel 1979 risulta essere il direttore della banda di Bagheria (PA)

Sac. Prof. Cristoforo Grisanti, autore dei versi

Cristoforo Grisanti (Isnello, 10 settembre 1835 – 8 marzo 1911) è stato un presbitero, insegnante e studioso del folklore siciliano.

Primogenito di sei figli, di famiglia benestante, dopo aver frequentato il seminario vescovile di Cefalù, fu ordinato sacerdote, continuando gli studi teologici e filosofici alla Reale Scuola Normale di Palermo, dove ottenne, nel 1861, il diploma di grado superiore.

Durante il suo sacerdozio ebbe l’incarico di cantore alla Cappella Palatina di Palermo.

Frequentò l’Università fino al 1863, per poi diventare insegnante, prima a Palermo, poi al Reale Ginnasio di Cefalù (1865), dove lavorò per 40 anni.

Inoltre, Grisanti collaborò con il musicista isnellese Francesco Baiardi, si appassionò anche di poesia, scrivendo versi e diventando amico del poeta popolare Carmine Papa, di Cefalù.

Nel 1894 cominciò a collaborare con l’Archivio per lo studio delle tradizioni Popolari, la rivista curata da Giuseppe Pitrè e Salvatore Salomone Marino, pubblicando, nel corso degli anni, una serie di articoli sulla cultura popolare siciliana, e in particolare isnellese. Questi scritti furono quindi raccolti in un primo libro, Folklore di Isnello. Usi, credenze, proverbi e racconti popolari di Isnello, raccolti ed ordinati dal Prof. Sac. Cristoforo Grisanti, pubblicato nel 1899 da Alberto Reber. A questo primo volume ne seguì un secondo, nel 1909, sempre con il titolo Folklore di Isnello dello stesso editore.

Pubblicò nel 1901 il libro "Pensieri ed Affetti”, una raccolta di poesie edita ancora da Alberto Reber.

Il componimento numero sessantuno (LXI) di detta raccolta, presente a pag. 174, riporta i versi dell’Inno al Ss. Crocifisso per la frottola di cui ne è l’autore.

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Inno a San Giuseppe

Musica del maestro Mario Di Martino - Versi del Dott. Carmelo Virga

Isnello, 1926

INNO A SAN GIUSEPPE

Musica del maestro Mario Di Martino - Versi del Dott. Carmelo Virga

L’inno per la frottola a San Giuseppe è stato composto nel 1926 dal maestro Mario Di Martino, autore della musica, e dal farmacista Carmelo Virga, autore dei versi in devozione al Santo per la nascita del figlio Giuseppe.

Questo inno è stato concepito per banda e coro polifonico a tre voci (Contralti, Tenori e Baritoni) ed è suddiviso in due tempi: un Andante tranquillo, preceduto da un Andante poco mosso, e un Allegro. Caratteristica della composizione è la scelta delle voci. Infatti, l’aver optato per l’utilizzo di queste specifiche sezioni di voci può essere probabilmente dovuta al fatto che parecchia musica, risalente al quel periodo, è stata scritta per questo genere di formazione corale, anche perchè erano tempi ancora poco maturi per vedere le voci femminili unirsi al canto. Non è da escludere invece che il Di Martino, avendo studiato canto corale e conoscendo bene la materia, abbia omesso soprani e bassi perché rappresentano le parti corali meno facili per l’esecuzione vocale e, dunque, meno adatte per semplici amatori.

Nell’archivio storico della banda di Isnello è presente la copia fotostatica della partitura originale in possesso degli eredi ed una successiva riduzione per media banda curata dal maestro Nicola Gerardi. Entrambe hanno le linee di canto indicate con i relativi versi. Nello stesso archivio sono presenti due versioni con strumentale completo delle parti: la prima è una trascrizione del maestro Maria Rosa Mazzola, all’epoca direttore della banda, datata 1989; la seconda è stata trascritta nel 2000 da don Pietro Piraino, figlio del tesoriere dell’epoca, e anno in cui la frottola fu eseguita per l’ultima volta.

In generale è stata raramente eseguita probabilmente per una forma poco assomigliante ai motivi degli inni della tradizione popolare e per questo, quindi, totalmente sconosciuta a gran parte degli isnellesi.

Un manoscritto dell’Inno prodotto da Maria Rosa Mazzola il 12 maggio del 1989

INNO A SAN GIUSEPPE

per la Frottola

I TEMPO (Andante poco mosso-Andante tranquillo)

Mistiche faci brillano

Di vivo e santo amore

Inno ideal purissimo

Che ci conquista il core

Omaggio, laude e gloria

A San Giuseppe il forte

Dispensator di grazie

Conforto nella morte

Fra carità e giustizia

Di celestial candore

Santo fra i santissimi

Fu padre al Redentore

II TEMPO (Allegro)

Raggio di sole fulgido

Consolatore d’afflitti

Patrono, anima e vita

Di tutti i derelitti

Volgi pertanto l’occhio

In ver di noi mortali

Da te imploranti grazie

Per tutti i nostri mali

Ave patriarca inclito

D’ogni virtù modello

Che regni eterno e immenso

in ciel sovran più bello

Maestro Mario Di Martino, autore della musica

Nasce ad Isnello il 24 settembre del 1876.

Nel luglio 1900 consegue il Diploma di Magistero di Strumentazione per banda presso il Regio Conservatorio di Musica di Palermo e, il mese successivo, la Licenza nella Scuola di Canto Corale con il secondo posto nel Ruolo Tenori.

Le sue grandi doti musicali hanno riscontro immediato con il conseguimento del Diploma di merito e relativa Medaglia d’argento al IV Concorso per la canzone siciliana promosso dalla prestigiosa Istituzione Artistico-Musicale “L’arte melodrammatica” di Palermo con la canzone “Oi moru!”.

Il suo primo incarico di maestro direttore gli viene affidato a Naso (ME), nella locale banda. Nel 1903 ne è già dimissionario per assumere la direzione della Banda Cittadina di Isnello, suo paese natio, dove diviene anche l’organista principale della Chiesa Madre. Attorno agli anni venti gli viene affidata anche la direzione della banda di Collesano. Detti incarichi verranno ricoperti fino all’anno della sua morte avvenuta il 23 ottobre 1937.

Alla guida della banda di Isnello ottiene, agli inizi degli anni trenta, il secondo posto al Concorso Musicale del giovedì Santo a Caltanissetta con l’esecuzione di una sua marcia funebre andata dispersa.

Permane tutt’oggi il ricordo di un musicista eccezionale amato dagli isnellesi soprattutto per la sua grande professionalità e sensibilità artistica.

Della sua produzione artistica ancora oggi è presente qualche traccia delle sue composizioni, gentilmente concesse di recente dalla famiglia alla banda di Isnello.Tra queste un particolarissimo “Tantum Ergo” per basso e banda ed un valzer dal titolo “Fiori sboccianti” dedicato ai genitori. Sono conservate, nell’archivio della banda di Isnello, diverse sue trascrizioni originali manoscritte di alcuni passi d’opera.

Compone nel 1907 l’Inno a Maria Ss. del Carmelo enel 1926 l’Inno a San Giuseppe per la frottola mentre a lui è attribuita la riduzione per banda dei primi del ‘900 dell’Inno alla Santa Croce.

Dott. Carmelo Virga, autore dei versi

Nasce ad Isnello il 19 dicembre 1869 dal farmacista Don Giovan Filippo Virga e da Donna Lucrezia Cirincione. E’ il nipote del celebre storico Carmelo Virga.

Divenuto farmacista come il padre, il 13 febbraio 1908 sposa Maria Concetta Pernice da cui nascerà Damiano Virga, Medico-Chirurgo e Sindaco di Isnello negli anni ’50.

Instaura una collaborazione a cavallo di due decenni con il maestro Mario Di Martino componendo i versi per l’Inno per la frottola a Maria Ss. del Carmelo nel 1907 e, a distanza di 19 anni, nel 1926, i versi per l’Inno per la frottola a San Giuseppe. Questo lascia presagire che, probabilmente, non siano state le uniche occasioni in cui i due hanno incrociato le loro passioni.

Muore ad Isnello il 16 marzo 1944.

Probabilmente il figlio Damiano eredita dal padre la vena poetica, non solo nella semplice forma letterale ma anche in quella associata alla musica. Questi, infatti, oltre ad aver composto una poesia dal titolo “La frottula” ha scritto le parole per l’inno “L’ave” del maestro Pietro Anselmo e ancora altri componimenti raccolti recentemente in una pubblicazione.

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La frottola in “Folklore di Isnello”

estratto dalle pp. 16-18 del volume "Le Frottole di Isnello - la fede di un popolo che dal XIX, una generazione tramanda all'altra"

Non possiamo non dedicare un capitolo di questo volume a Cristoforo Grisanti, tra l’altro autore di uno degli inni per la frottola del Ss. Crocifisso.

Tralasciando per un momento le sue notizie biografiche che vedremo avanti nel dettaglio (pagg. 57-58), ci soffermiamo sulla sua attività di antropologo.

folklore

la prima versione del "Folklore di Isnello" pubblicata nel 1899

Da numerose fonti e scritti, è assai nota la sua collaborazione con gli studiosi palermitani Giuseppe Pitrè e Salvatore Salomone Marino per i quali produsse numerosi articoli raccolti in un volume, pubblicato a due riprese dall’editore Alberto Reber prima nel 1899 e poi nel 1909, con il titolo di “Folklore di Isnello”.

Quello che segue, apparso per la prima volta nel 1897 con il titolo di << La festa del Corpus Domini in Isnello>> nella rivista “Archivio per lo studio delle tradizioni popolari”, è un estratto di questa opera che racconta delle usanze per la solennità Corpus Domini ad Isnello tra le quali la frottola:

“L’altra cosa che ti dà all’occhio è il giro che, verso le tre pomeridiane, dopo un lungo sparo di mortaretti e fra il lieto scampanare di tutte le chiese, si fa per le solite vie la vigilia e il giorno della festa. Vi prende parte grande numero di popolo.

Precedono i tamburini in zimarre di damasco bianco e cappelli, dello stesso colore, a larghe falde e gallonati d’oro; poi gli stendardi maggiori portati, sotto la guida dei provetti, da giovani contadini, borgesi e pastori, che, premurosi di sposarsi, vogliono alle fanciulle, le quali ben vestite e pettinate, son tutte occhi alle terrazze, ai balconi, alle finestre o colle mamme loro sugli usci delle case e agli sbocchi delle vie, mostrarsi abili a portarli diritti come le candele, e capaci di sostenerli, ancorché alti e pesanti, sulla palma della mano, sul pugno chiuso, sulla spalla, sulla fronte, sui denti. Indi gli stendardi minori, la banda musicale, l’orchestra, i cantori e spesso cori di giovanetti in forma di angioli che qua e là cantano l’inno di occasione; in fine la bara cui segue grande frotta di popolo donde il nome di frottula a questa processione.

Nei tempi andati, ora non più, invece di bara ci era il carro tirato da buoi, ed io, piccino, ricordo di averne veduto solo le grosse ruote di legno tutte sciupate.

I più ricchi e divoti proprietari portavano in giro pendenti da una lunga asta le fardi (falde, tessuti bellissimi in seta, rossa, verde, rosata, cerulea, argento od oro), lunghe circa m. 5, larghe cm. 80 e del valore medio di L. 200 ciascuna, che dopo offrivano alla Chiesa Madre, come ancor usa, per ornarsene; e comeché tempi diversi dai nostri, i più savi, lungo le vie, facevan fuochi di gioia con pistole, fucili e carabine”.

Probabilmente quella più pittoresca è la descrizione della frottola data nella seconda parte del libro dove il Grisanti raccoglie una ulteriore serie di articoli che pubblicava per l’ Archivio per lo studio delle tradizioni popolari che si aggiunsero alla seconda edizione del libro, quella del 1909. E’ il racconto del piccolo Cristoforo, che in un giorno di festa, è in attesa del passaggio della frottola. Siamo attorno al 1845, e già all’epoca la frottola si svolgeva allo stesso modo di come l’abbiamo ereditata e la continuiamo a fare tutt’ora. Il titolo è “Gli stendardieri”:

Eran le 14 del dì otto dicembre, sacro alla SS. V. Immacolata, e dopo un rumoroso sparo di mortaretti e un’allegra scampanata di tutte le chiese, udii sonare in piazza la musica cittadina. Compresi che cominciava la frottola (processioncina popolare) e mi proposi di vederla passare d’innanzi la mia casa senza punto scomodarmi.

Giravano essi per la via maggiore tutto il paese; a quando a quando, fermatisi, cantavano in musica un inno di occasione, e poi, sempre in ordine, avanti.

La strada, dove io abito, per sorte, corre larga, piana, diritta con uno sfondo ai monti verso occidente per un metri dugento, e mi diedi ad aspettarli ed a guardare da dietro i vetri di un mio balcone.

Stetti: e finalmente, dopo lunga attesa, spuntarono, e primi, come avanguardia, uno sciame di allegri biricchini, che, rincorrendosi, accompagnavano il tradizionale tamburino tutto chiuso in un suo rosso zimarrone di gala; indi due vistosi stendardi, tutti seta e oro, cordini, fiocchi, nastri svolazzanti e campanelli di argento, portati a tratti e a turno, ciascuno da baldi giovini pastori, borghesi, contadini, prossimi a sposarsi; indi la musica in grande uniforme, la bara, il popolino, fuori donne, e il tutto formava un bel quadro a vedere.

Procedevano senza ombra di fretta: e, arrivati a una sessantina di metri da me, secondo l’uso, si fermarono per cantare; il tamburino tacque, i portatori degli stendardi fecero alto innanzi la mia casa, e lì, o per isvago o per attirarsi l’attenzione delle giovinette, tutte linde e pulite, affacciate alle finestre, ai balconi, alle terrazze, o ferme con le mamme sulla soglia di casa o a gli sbocchi delle viuzze, vollero (e il tempo ci era) far prova di forza, di destrezza e di niculibio (equilibrio) nel maneggio degli stendardi.

Compresi e vidi che chi aveva portato fin là uno stendardo alto e a due mani, lo posò a terra; che, curvatosi e afferratolo al pié dell’asta colla sola destra, indi con la sola sinistra, lo sollevo alto così col braccio fermo e disteso, che pareva volesse con l’estrema punta della croce dorata toccare il cielo.

Non contento, li sostenne sui pugni chiusi destro e sinistro, indi sulla palma, dopo, sul dorso di ciascun mano; poscia colla destra e lo posò sull’omero sinistro e con la sinistra sul destro; da ultimo (e fui sorpreso) sui denti, sovra a cui aveva cacciato in fretta un fazzolettino bianco, per non si lordare la bocca, senza omettere, in tutti questi atti, di muoversi pian piano a diritta e a manca, ora con una, ora con le due mani puntate ai fianchi e a gli occhi in alto, come per reggersi e conservare l’equilibrio.

Fatto ciò, fresco e lieto, il cesse ad uno dei compagni, che, ammirati e silenziosi, gli erano stati intorno.

Ero così preso di ammirazione anch’io, che non diedi orecchio alla musica, e quando finito il canto, tutti si mossero e gli stendardieri procedettero innanzi, mi dolsi di non aver mandato un bravo a quel caro giovine che aveva saputo maneggiare come un fuscello e tener sempre diritto come una candela quello stendardo, che, in media, raggiunge l’altezza di metri sette e il peso di chilogrammi trenta.

Non tirava alito di vento, se no, sarebbe stato impossibile riuscire in quelle prove senza pericolo.

La destrezza degli stendardieri è qui, come altrove in Sicilia, famosa e tradizionale.

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